“La pazza gioia”, recensione di una studentessa della scuola ABC
La visione di film italiani (con o senza sottotitoli) è senz’altro un buonissimo esercizio per chi vuole imparare la lingua e approfondire la conoscenza della cultura italiana. Ecco perché a scuola abbiamo una buona videoteca di cui proponiamo la visione. Tra questi c’è anche “La pazza gioia”, un film del 2016 del regista toscano Paolo Virzì.
Due donne, molto diverse tra loro, entrambe pazienti di un istituto di recupero, diventano amiche e decidono di prendersi una vacanza dandosi alla pazza gioia. Ne viene fuori una commedia drammatica “on the road” con una visione del mondo femminile ironica e di una sensibilità particolare.
"La pazza gioia" ha ottenuto molti premi importanti tra cui il David di Donatello a Valeria Bruni Tedeschi come miglior attrice protagonista, il David di Donatello come miglior film, il David di Donatello come miglior regia, il David di Donatello come miglior scenografo (Tonino Zera), il David di Donatello come miglior acconciatore (Daniela Tatari) oltre a diversi Nastri d’Argento.
Tra gli attori, oltre a Valeria Bruni Tedeschi ricordo Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Anna Galiena, Marco Messeri, Bobo Rondelli, Sergio Albelli, Marisa Borini, Bob Messini.
Di seguito riporto la recensione che Ann-Kathrin, una brava studentessa svizzera, curiosa, intelligente e mai banale, che dopo aver visto il film, ha deciso di contribuire al blog con questo articolo in cui fa delle riflessioni molto interessanti.
Grazie Ann-Kathrin!
“La pazza gioia”, un film sulla ricerca di una cosiddetta vita normale
Potrebbe essere una commedia. Un film leggero, divertente, spensierato. Soprattutto a causa di questa coppia dissonante: Beatrice e Donatella. La prima bionda, alta ed elegante. La seconda scura, bassa e tatuata. Da una parte Beatrice, discendente di una famiglia ricca, estroversa e chiacchierona, dall’altra Donatella, magra ed introversa, senza soldi né vestiti oltre quelli che porta.
Però hanno qualcosa in comune: Sono stanche, ma non si fermano mai. Vogliono essere felici, ma sono tristi. Sono nate tristi, sono state tristi per tutta la loro vita. Cercando di fuggire da quel mondo pieno di dolore e lacrime, si salvano con la medicina che offre, se non sollievo, almeno stordimento.
Certo, c` entrano anche gli uomini. Beatrice si è innamorata di un criminale che mira ai suoi soldi piuttosto che a lei. Donatella invece ha un figlio il cui padre se ne frega. E come se non bastasse, il bambino le era stato tolto dopo un tentativo di suicidio.
Beatrice e Donatella scappano dall’istituto psichiatrico per “darsi alla pazza gioia” e cercare il figlio di Donatella. L’impresa, però, risulta in un disastro. Rubano le macchine, non pagano i conti e soprattutto fanno brutti incontri con le persone che hanno influenzato il loro passato. Pur subendo delle sconfitte, Beatrice e Donatella si rendono conto che la loro amicizia potrebbe essere il primo passo verso un futuro, verso l` inizio di una vita degna di questo nome. Ed è così che Donatella riesce ad entrare in contatto con suo figlio. Un incontro che le dà tanta forza di tornare spontaneamente nell’istituto insieme a Beatrice.
“La pazza gioia” ci mostra le varie facce della depressione e del disturbo bipolare. Dimostra soprattutto che il modo più facile di trattare la gente affetta – richiudendola e stigmatizzandola – ha le sue radici nella paura. Una paura che proviene dalla ignoranza, dall’incomprensione che sostanzialmente tutti noi, depressi o no, abbiamo gli stessi sogni e bisogni.